Sthendal
Vita
Prima di trascriverlo a livello creativo nelle vicende eroiche e sfortunatamente dei suoi protagonisti, Stendhal visse a livello biografico un contrasto tipicamente romantico tra ideale e reali tra volontà di realizzarsi in una vita piena e autentica e pastoie della realtà mediocre e monotona che quella realizzazione impediscono.
Nato a Grenoble nel 178 Henri Beyle (che avrebbe preso poi lo pseudonimo di Stendhal) aveva però sperimentato almeno per un certo periodo una dimensione del vivere intensa e appagante quando raggiunta nel 1800 l'armata napoleonica in Italia aveva ricoperto sino al 1814 incarichi civili e militari ed era vissuto prevalentemente a Milano tra ambienti culturali vita mondana ed entusiastica frequentazione della Scala . In questa città gelosamente amata visse come egli stesso dichiarò l'aurora della sua vita. Ma nella società della restaurazione - dopo la caduta di Napoleone - le cose cambiarono. Visse ancora a Milano fino al 1821 poi fu a Parigi alla ricerca di un impiego. L'ottenne verso il 1830 console di Civitavecchia. Cercò di sopperire al grigiore dell'incarico con qualche viaggio e qualche congedo.
Durante uno di questi nel 1841 morì a Parigi per un attacco apoplettico.
LA CONNOTAZIONE SOCIALE
Proprio dalla sua esperienza della società della Restaurazione ( conformista e spenta ma cinica nella difesa dell'assetto borghese) nella quale non c'è posto per il giovane di ingegno se non a patto di subire le regole del gioco, proprio dal disprezzo per questa situazione nascono Il rosso e il nero (18390) e La Certosa di Parma (1839 ). Opere nelle quali l'eccezionalità dei protagonisti, la loro tensione eroica o vitalistica, la loro nostalgia di assoluto di eroismo di grandi imprese ( si pensi all'esemplarità in tal senso di Matilde de la Mole) sono ancora evidenti segni di un'aristocrazia del sentire e di un titanismo tipicamente romantici ^ ma - è qui la novità fondamentale - Stendhal trascrive la lotta e la sconfitta dei protagonisti non in una dimensione esclusivamente esistenziale ( si pensi a Renato o all'eroe Byroniano) bensì a una dimensione sociale. Li radica cioè in una specifica realtà sociale ne motiva la storia interiore come storia degli scontri e dei condizionamenti che le regole di quell'assetto sociale impongono:
Ammiratori sino all'infatuazione di Napoleone ( e ciò chiare trascrizioni autobiografiche di Stendhal ) Julien Sorel ne Il rosso e il nero e Fabrizio del Dongo nella Certosa non possono disporre più dei campi di battaglia come teatro della loro volontà di affermazione : ora non resta loro che lo scontro aperto o una strategia dell'affermazione della scalata sociale perseguita con le armi della finzione della sagace e fredda conoscenza degli uomini che contano dello sfruttamento delle loro debolezze. Di questo conflitto di questo scontro che è l'introduzione della meccanica della lotta di classe nel romanzo Julien Sorel è perfettamente cosciente : basti pensare alla sua risposta ai giudici che per il suo assassinio lo condanneranno alla ghigliottina "signori io non ha l'onore di appartenere alla vostra classe voi avete di fronte un contadino che si è ribellato all'umiltà della sua sorte ...Io invece ho di fronte uomini che vorranno punire me e scoraggiare per sempre quella classe di giovani che nati in una classe inferiore e oppressi dalla povertà hanno la fortuna di potersi istruire e l'ardire di mescolarsi a quel che l'orgoglio dei ricchi chiama società"
E' talmente risentita anzi la coscienza di classe in cui Stendhal connota Julien Sorel che nel Il rosso e il nero persino le sue vicende amorose da lotta dei sessi trascolorano in lotta di classe.
L'introduzione di questa connotazione sociale nel romanzo è l'apporto fondamentale di Stendhal nella direzione del realismo alla narrativa europea e su questa strada procederanno tutti gli autori posteriori da Balzac a Zola a Tolstoj a Proust persino (attento più di quanto non si pensi alla dinamica della classi e dei loro conflitti).
A ciò si aggiunga la concretezza di stile di Stendhal la sua ricerca di un'oggettiva esattezza (2da codice civile" secondo una sua famosa definizione) che fa piazza pulita di ogni lirismo romantico di ogni abbandono descrittivo. Il che ha fatto sì che egli creasse uno stile personalissimo appunto perché esente da ogni suggestione della tradizione.
UN IDEALE DI VITA
Ma sarebbe assai discutibile limitare il ruolo di Stendhal solo a questo. Perché dalle pagine dei suoi romanzi ( oltre i citati L'interrotto Lucien Leuwen sulla società di Luigi Filippo iniziato nel 1834 l'autobiografia Vita di Henri Brulard interrotta nel 1836) e dei suoi saggi (Sull'amore 1822 Ricordi di egotismo scritti nel 1832 editi nel 1892 ) con la già notata corrispondenza tra biografia e creazione artistica vien fuori anche un ideale uno stile di vita un mito umano quello che è stato chiamato beylismo e che consiste nella celebrazione dell'energia del coraggio della ricerca - lucida e razionalistica - del piacere nel vagheggiamento della disposizione amorosa in cui ci siano non languori ne struggimenti insani non malattia né ripiegamenti bensì amore vigile alacre malizioso intrigo e intrepidezza eroismo anche ma di misura umanissima benché i suoi personaggi escano tanto spesso dall'ordinario " .
Tutte qualità queste che Stendhal pensava si trovassero in tante vicende e personaggi di quell'Italia dove la pianta uomo era più robusta o meno condizionata che altrove e dove c'era più spazio per una multiforme estrinsecazione della virtù .
In ultima analisi malgrado le sue idee liberali fossero molto più avanzate di delle del reazionario Balzac Stendhal era intellettualmente un a
ristocratico romantico ammiratore della personalità d'eccezione maestro di egotismo.
sabato 6 gennaio 2018
sabato 30 dicembre 2017
dal realismo romantico al naturalismo positivistico
dal realismo romantico al naturalismo positivistico
Fasi e motivazioni di un lungo processo
Come i primi decenni dell'Ottocento sono caratterizzati in una prospettiva europea dal Romanticismo così quel periodo che all'incirca va da 1830 al 1870-80 vede il progressivo affermarsi di quella categoria artistica che si conviene definire Realismo. Con due precisazioni però :
1) nei primi decenni del secolo una volta affermatosi il Romanticismo dà fisionomi a al periodo è l'orientamento dominante ed esclusivo nel successivo periodo che abbiamo indicato invece il Realismo non domina incontrastato ; è l'orientamento maggioritario e più fertile ma non l'unico.
2) Nell'arco di un cinquantennio un orientamento letterario (Anche se per pura ipotesi partisse da omogenei canoni di poetica) subisce inevitabili sviluppi e modifiche che rendono assai discutibile l'adozione della stessa definizione sia per gli iniziatori che per gli epigoni. E' pertanto consuetudine critica abbastanza diffusa quella di definire realismo e realistica la produzione del primo periodo e Naturalismo e naturalistica quella del secondo differenziate e distinte l'una dall'altra per tutta una serie di fattori che ora esamineremo.
SOGGETTIVITA' E REALTA'
E' assai discutibile prospettare il Realismo come pura e semplice opposizione al Romanticismo ( e un'eco di questa impostazione critica è riscontrabile nell'accezione profondamente antitetica che nel discorso giornaliero si dà ai termini romantico e realistico ). IN realtà si tratta di un complesso processo di opposizione e di continuazione di ribaltamento e di sviluppo di certi autori romantici è a questo proposito illuminante si pensi a Puskin poeta lirico e nel contempo padre del realismo russo con i suoi Racconti di Belkin (1830 o a Victor Hugo il quale oltre a essere il poeta dell'io è anche l'autore dei Miserabili.
La lotta contro i modelli e le regole del classicismo la poetabilità di qualsiasi argomento e la libertà stilistica l'attenzione verso le manifestazioni dell'arte popolare e più in generale la scoperta della dimensione popolare il gusto di ricreare con il romanzo storico il clima di un'epoca l'analisi delle reazioni dell'io di fronte alla realtà ( e stiamo citando i capisaldi della poetica romantica) portano cambiamento di prospettiva che anziché far centro quasi esclusivamente sull'io anziché finalizzare tutto per un'analisi e un'enfatizzazione dell'io l'artista si apra invece ad accogliere e a registrare l'inesauribile varietà del reale e i meccanismi le forze in contrastante gioco., Per chiarire ancora di più : nel rapporto individuo-realtà che il Romanticismo risolveva privilegiando (o ammettendo esclusivamente) il primo elemento il realismo stabilisce un equilibrio con il dare cittadinanza piena al secondo elemento. Si pensi per dare concretezza al discorso al Renato dell'omonimo romanzo di Chateaubriand e a Julien Sorel del Rosso e il nero di Stendhal; mentre il primo è connotato dall'autore solo su un piano esistenziale, il secondo invece lo è sul piano sociale di Renato conosciamo solo le anfrattuosità interiori, l'itinerario psicologico di Julien invece le radici sociali le sue reazioni e i suoi progetti di fronte alla realtà sociale in cui vive e che l'autore attentamente descrive e analizza.
Ma si pensi a un altro esempio di questo complesso processo di ribaltamento e di continuazione. E cioè un posto notevole nella produzione romantica ha la ricostruzione di un momento di un clima storico (il romanzo e il dramma storico di Walter Scott a Manzoni a Hugo ) o esotico (da Chateaubriand a Coleridge a Byron) il verismo riprende questa vocazione - tutto sommato storicistica ma anziché proiettarla nel lontano (cronologico e geografico) la rivolge al vicino, alla realtà immediata presente. E ecco nella narrativa realistica l'attenta rappresentazione di un ambiente coi suoi costumi e il suo clima di vita la Normandia di Flaubert e Maupassant La Provenza di A. Daudet la Sicilia di Verga ( e gli esempi potrebbero essere tanti). E' il cosiddetto regionalismo che caratterizza tanta narrativa veristica dell'Ottocento.
NUOVE PROSPETTIVE E NUOVI MODULI ESPRESSIVI
Tutto ciò comporta delle conseguenze sul piano specificamente formale. E' ovvio che la dimensione soggettiva che domina la produzione romantica trovi il suo mezzo espressivo ottimale nella poesia lirica che già Madame de Stael aveva teorizzato come il più adatto alla nuova sensibilità o in un genere di romanzo autobiografico e in una prosa ricca di abbandoni sentimentali e lirici. Ed è altrettanto ovvio che la scoperta della realtà per l'impegno di analisi che anima ora l'autore trovi più adatto come genere letterario il romanzo e come modulo espressivo una prosa varia nei toni descrittiva e precisa che bandisca assolutamente effusioni e toni lirici ( Stendhal pensava addirittura alla prosa del codice civile). Ma più che nel genere letterario e nei moduli formali la novità consiste in una mutata disposizione di fronte alla realtà nella scoperta per così dire della dignità del quotidiano nell'assegnare cittadinanza nel dominio dell'arte a qualsiasi essere umano e a qualsiasi vicenda e nel ritenerli tutti suscettibili di una rappresentazione seria e tragica.
E qui a chi obiettasse che già Lessing si era battuto per questo si può rispondere che sia nei suoi drammi che in quelli del Romanticismo e persino ancora in Stendhal il protagonista anche se non è più un personaggio storico o mitologico è pur sempre un privilegiato un essere umano d'eccezione per intensità e aristocrazia di sentire. E' da Balzac in poi che si realizza questa dignità del quotidiano questa irreversibile novità e così possono acquistare dignità tragica i contadini di Courbet l'avarizia di papà Grandet o la meschinità dell'impiegatuccio nel cappotto di Gogol o un sentimento tutt'altro che eroico e nobilitante come la paura nel Il segno rosso del coraggio di Crene o la vita anonima di un'umile serva in un Cuore semplice di Flauber o il tarato dall'alcolismo di Zola o il pescatore in Verga ( e così via sino a Gorki a Steinbeck a Cronin ai film di De Sica e a tutte quelle manifestazioni artistiche che a questa fondamentale conquista ottocentesca più o meno mediamente si collegano ).
VERSO IL NATURALISMO : TRE FATTORI
Ma come abbiamo detto nell'arco di circa un cinquantennio nel quale si sviluppa la produzione realistica subisce notevoli modifiche.
Un punto nodale di questo processo può esser collocato (con una certa approssimazione) attorno alla metà del secolo e lo si può motivare con tre fattori storico-culturali : la delusione del '48 europeo, il Manifesto di Marx e Engels il Positivismo.
1) Il ritorno all'ordine col quale vengono spenti i tentativi rivoluzionari in Europa rappresenta un colpo durissimo per l'intellighezia democratica e progressista il crollo delle speranze di una generazione. Di conseguenza si accentua quel distacco tra artista e assetto sociale brohese che aveva trovato espressione già nella produzione di Stendhal e Balzac: in Flaubert ora uno dei motivi di fondo è l'odio verso il borghese.
2) Ma il '48 vede la comparsa piuttosto consistente del "quarto stato" e nel Manifesto la teorizzazione del ruolo che esso è destinato a svolgere. E' superfluo insistere sulle incalcolabili influenze che tutto ciò avrà si pensi soltanto alla preponderante presenza che nella narrativa del secondo Ottocento avranno le classi subalterne : i tipi umani travolti dallo sfruttamento e dalla reificazione che Marx ed Engel via via esaminavano nei loro scritti diventavano oggetto di rappresentazione : da Tempi difficili (1854) e Grandi speranze (1860 ) di Dickens a Germinia Lacerteux (1865) dei fratelli Goncourt dai populisti russi a Zola a Verga. Questo non significa che questi artisti facciano propria la concezione marxiana significa però che ormai uno spettro percorre l'Europa e non si può più esorcizzarlo.
3) A partire dalla metà del secolo si verifica la progressiva affermazione del Positivismo che ha i suoi capisaldi nel rifiuto delle fantasticherie delle religioni e delle metafisiche nel privilegiamento della realtà oggettiva dei fatti nell'esaltazione delle scienze come strumento ottimale per la conoscenza e il dominio della realtà. Strettamente legato al processo già avviato di organizzazione industriale il Positivismo risponde perfettamente alle esigenze del questa società alla quale trasmette sia la fiduciosa teorizzazione di un progetto inarrestabile destinato a raggiungere deterministicamente livelli sempre più alti sia una particolare attenzione alla dimensione sociale.
E' abbastanza agevole intuire le conseguenze che dai capisaldi del Positivismo derivano per gli orientamenti letterari il narratore aspira a lavorare scientificamente esclude dalla narrazione ogni personale commento e considerazione descrive comportamenti di singoli e di gruppi ma previa una minuziosa documentazione sperimentale con una volontà intellettuale di conoscenza e con rigore scientifico e ricorrendo alla fisiologia alle leggi dell'ereditarietà ecc. Zola ha esemplarmente chiarito in certi suoi scritti i canoni di questa nuova poetica che nella rappresentazione della realtà privilegia l'inesorabile meccanismo delle leggi naturali e finisce con trasformare l'opera narrativa in referto medico o analisi sociologica. E così è avvenuto il passaggio dalla narrativa realistica a quella naturalistica
Fasi e motivazioni di un lungo processo
Come i primi decenni dell'Ottocento sono caratterizzati in una prospettiva europea dal Romanticismo così quel periodo che all'incirca va da 1830 al 1870-80 vede il progressivo affermarsi di quella categoria artistica che si conviene definire Realismo. Con due precisazioni però :
1) nei primi decenni del secolo una volta affermatosi il Romanticismo dà fisionomi a al periodo è l'orientamento dominante ed esclusivo nel successivo periodo che abbiamo indicato invece il Realismo non domina incontrastato ; è l'orientamento maggioritario e più fertile ma non l'unico.
2) Nell'arco di un cinquantennio un orientamento letterario (Anche se per pura ipotesi partisse da omogenei canoni di poetica) subisce inevitabili sviluppi e modifiche che rendono assai discutibile l'adozione della stessa definizione sia per gli iniziatori che per gli epigoni. E' pertanto consuetudine critica abbastanza diffusa quella di definire realismo e realistica la produzione del primo periodo e Naturalismo e naturalistica quella del secondo differenziate e distinte l'una dall'altra per tutta una serie di fattori che ora esamineremo.
SOGGETTIVITA' E REALTA'
E' assai discutibile prospettare il Realismo come pura e semplice opposizione al Romanticismo ( e un'eco di questa impostazione critica è riscontrabile nell'accezione profondamente antitetica che nel discorso giornaliero si dà ai termini romantico e realistico ). IN realtà si tratta di un complesso processo di opposizione e di continuazione di ribaltamento e di sviluppo di certi autori romantici è a questo proposito illuminante si pensi a Puskin poeta lirico e nel contempo padre del realismo russo con i suoi Racconti di Belkin (1830 o a Victor Hugo il quale oltre a essere il poeta dell'io è anche l'autore dei Miserabili.
La lotta contro i modelli e le regole del classicismo la poetabilità di qualsiasi argomento e la libertà stilistica l'attenzione verso le manifestazioni dell'arte popolare e più in generale la scoperta della dimensione popolare il gusto di ricreare con il romanzo storico il clima di un'epoca l'analisi delle reazioni dell'io di fronte alla realtà ( e stiamo citando i capisaldi della poetica romantica) portano cambiamento di prospettiva che anziché far centro quasi esclusivamente sull'io anziché finalizzare tutto per un'analisi e un'enfatizzazione dell'io l'artista si apra invece ad accogliere e a registrare l'inesauribile varietà del reale e i meccanismi le forze in contrastante gioco., Per chiarire ancora di più : nel rapporto individuo-realtà che il Romanticismo risolveva privilegiando (o ammettendo esclusivamente) il primo elemento il realismo stabilisce un equilibrio con il dare cittadinanza piena al secondo elemento. Si pensi per dare concretezza al discorso al Renato dell'omonimo romanzo di Chateaubriand e a Julien Sorel del Rosso e il nero di Stendhal; mentre il primo è connotato dall'autore solo su un piano esistenziale, il secondo invece lo è sul piano sociale di Renato conosciamo solo le anfrattuosità interiori, l'itinerario psicologico di Julien invece le radici sociali le sue reazioni e i suoi progetti di fronte alla realtà sociale in cui vive e che l'autore attentamente descrive e analizza.
Ma si pensi a un altro esempio di questo complesso processo di ribaltamento e di continuazione. E cioè un posto notevole nella produzione romantica ha la ricostruzione di un momento di un clima storico (il romanzo e il dramma storico di Walter Scott a Manzoni a Hugo ) o esotico (da Chateaubriand a Coleridge a Byron) il verismo riprende questa vocazione - tutto sommato storicistica ma anziché proiettarla nel lontano (cronologico e geografico) la rivolge al vicino, alla realtà immediata presente. E ecco nella narrativa realistica l'attenta rappresentazione di un ambiente coi suoi costumi e il suo clima di vita la Normandia di Flaubert e Maupassant La Provenza di A. Daudet la Sicilia di Verga ( e gli esempi potrebbero essere tanti). E' il cosiddetto regionalismo che caratterizza tanta narrativa veristica dell'Ottocento.
NUOVE PROSPETTIVE E NUOVI MODULI ESPRESSIVI
Tutto ciò comporta delle conseguenze sul piano specificamente formale. E' ovvio che la dimensione soggettiva che domina la produzione romantica trovi il suo mezzo espressivo ottimale nella poesia lirica che già Madame de Stael aveva teorizzato come il più adatto alla nuova sensibilità o in un genere di romanzo autobiografico e in una prosa ricca di abbandoni sentimentali e lirici. Ed è altrettanto ovvio che la scoperta della realtà per l'impegno di analisi che anima ora l'autore trovi più adatto come genere letterario il romanzo e come modulo espressivo una prosa varia nei toni descrittiva e precisa che bandisca assolutamente effusioni e toni lirici ( Stendhal pensava addirittura alla prosa del codice civile). Ma più che nel genere letterario e nei moduli formali la novità consiste in una mutata disposizione di fronte alla realtà nella scoperta per così dire della dignità del quotidiano nell'assegnare cittadinanza nel dominio dell'arte a qualsiasi essere umano e a qualsiasi vicenda e nel ritenerli tutti suscettibili di una rappresentazione seria e tragica.
E qui a chi obiettasse che già Lessing si era battuto per questo si può rispondere che sia nei suoi drammi che in quelli del Romanticismo e persino ancora in Stendhal il protagonista anche se non è più un personaggio storico o mitologico è pur sempre un privilegiato un essere umano d'eccezione per intensità e aristocrazia di sentire. E' da Balzac in poi che si realizza questa dignità del quotidiano questa irreversibile novità e così possono acquistare dignità tragica i contadini di Courbet l'avarizia di papà Grandet o la meschinità dell'impiegatuccio nel cappotto di Gogol o un sentimento tutt'altro che eroico e nobilitante come la paura nel Il segno rosso del coraggio di Crene o la vita anonima di un'umile serva in un Cuore semplice di Flauber o il tarato dall'alcolismo di Zola o il pescatore in Verga ( e così via sino a Gorki a Steinbeck a Cronin ai film di De Sica e a tutte quelle manifestazioni artistiche che a questa fondamentale conquista ottocentesca più o meno mediamente si collegano ).
VERSO IL NATURALISMO : TRE FATTORI
Ma come abbiamo detto nell'arco di circa un cinquantennio nel quale si sviluppa la produzione realistica subisce notevoli modifiche.
Un punto nodale di questo processo può esser collocato (con una certa approssimazione) attorno alla metà del secolo e lo si può motivare con tre fattori storico-culturali : la delusione del '48 europeo, il Manifesto di Marx e Engels il Positivismo.
1) Il ritorno all'ordine col quale vengono spenti i tentativi rivoluzionari in Europa rappresenta un colpo durissimo per l'intellighezia democratica e progressista il crollo delle speranze di una generazione. Di conseguenza si accentua quel distacco tra artista e assetto sociale brohese che aveva trovato espressione già nella produzione di Stendhal e Balzac: in Flaubert ora uno dei motivi di fondo è l'odio verso il borghese.
2) Ma il '48 vede la comparsa piuttosto consistente del "quarto stato" e nel Manifesto la teorizzazione del ruolo che esso è destinato a svolgere. E' superfluo insistere sulle incalcolabili influenze che tutto ciò avrà si pensi soltanto alla preponderante presenza che nella narrativa del secondo Ottocento avranno le classi subalterne : i tipi umani travolti dallo sfruttamento e dalla reificazione che Marx ed Engel via via esaminavano nei loro scritti diventavano oggetto di rappresentazione : da Tempi difficili (1854) e Grandi speranze (1860 ) di Dickens a Germinia Lacerteux (1865) dei fratelli Goncourt dai populisti russi a Zola a Verga. Questo non significa che questi artisti facciano propria la concezione marxiana significa però che ormai uno spettro percorre l'Europa e non si può più esorcizzarlo.
3) A partire dalla metà del secolo si verifica la progressiva affermazione del Positivismo che ha i suoi capisaldi nel rifiuto delle fantasticherie delle religioni e delle metafisiche nel privilegiamento della realtà oggettiva dei fatti nell'esaltazione delle scienze come strumento ottimale per la conoscenza e il dominio della realtà. Strettamente legato al processo già avviato di organizzazione industriale il Positivismo risponde perfettamente alle esigenze del questa società alla quale trasmette sia la fiduciosa teorizzazione di un progetto inarrestabile destinato a raggiungere deterministicamente livelli sempre più alti sia una particolare attenzione alla dimensione sociale.
E' abbastanza agevole intuire le conseguenze che dai capisaldi del Positivismo derivano per gli orientamenti letterari il narratore aspira a lavorare scientificamente esclude dalla narrazione ogni personale commento e considerazione descrive comportamenti di singoli e di gruppi ma previa una minuziosa documentazione sperimentale con una volontà intellettuale di conoscenza e con rigore scientifico e ricorrendo alla fisiologia alle leggi dell'ereditarietà ecc. Zola ha esemplarmente chiarito in certi suoi scritti i canoni di questa nuova poetica che nella rappresentazione della realtà privilegia l'inesorabile meccanismo delle leggi naturali e finisce con trasformare l'opera narrativa in referto medico o analisi sociologica. E così è avvenuto il passaggio dalla narrativa realistica a quella naturalistica
mercoledì 13 settembre 2017
Il Romanticismo - dal passato al presente
Il romanticismo - dal passato al presente
Il Settecento ha creato lo stile roccocò lo stile neoclassico e lo stile impero. Quando si passa all'Ottocento non si parla più di stili ogni artista elabora in proprio la sua poetica e la sua tecnica in rapporto alla sua partecipazione al tempo presente. L'idea di stile implica sempre qualcosa di statico che può dar luogo anche a una moda a un manierismo ripetitivo: con la caduta dei modelli antichi con il prevalere del "sentire" romantico sorgono però le ansie e le contraddizioni le paure e gli errori.
Credere per esempio nella classicità significa comporre sentimento e ragione ricavarne una consolazione ottimistica; se la realtà al contrario è intesa come un processo che anziché comporsi cambia continuamente ecco che l'artista viene a trovarsi nella necessità di viverla non di meditarla.
Ingres e Delacroix
Il lungo contrasto ad esempio tra Ingres e Delacroix verte appunto su tale problema che risale addirittura al Seicento (disputa tra " poussinistes " e "rubenistes") Jean Auguste Ingres (1780- 1867) tenta l''impresa di un accordo tra Illuminismo e Romanticismo tra il disegno sapientissimo che dà ordine e misura alla forma e il colore altrettanto limpido che lascia trasparire le pulsazioni segrete della vita : non per niente ha trascorso circa venti anni in Italia studiando gli antichi e Raffaello. Nei suoi ritratti emerge soprattutto la dignità e la fierezza di una classe che crede ancora nella ragione e si presenta come modello di virtù e coscienza civile. Nella sua opera (che richiama tanto Poussin quando David) si assiste a una lotta corpo a corpo tra intelligenza ed emozione" che continuerà a sostenere con coraggio fino alla fine, superando la ventata di realismo e non lasciandosi lusingare dalle novità di Manet e degli impressionisti. Una vita esemplare all'insegna del passato messo a dura prova negli scontri continui con le novità del presente.
Classicità e Medioevo
Il passato per l'Ottocento non ha come interprete soltanto Ingres. Ci sono gli inglesi e i tedeschi : solo che per questi il passato non è più la classicità ma il Medioevo il gotico. E' questa l'altra fascia del Romanticismo l'universalismo classicista viene superato in nome dell'individualismo di un'epoca che gli illuministi si erano sforzati ad indicare come oscurantista. Un ritorno al Medioevo implica motivazioni di carattere religioso : è significativo che ciò si sia verificato proprio nell'area germanica che aveva dato sì con Winckelmann il teologo dell'antichità ma che ora non rinuncia a un'autonomia spirituale richiamandosi ai temi della propria tradizione nazionale. La Francia di Cartesio e dell'Illuminismo si trova di fronte alla Germania delle saghe popolari di Herder e di Holderlin che rivaluta le radici espressioniste che celebra Durer con le manifestazioni del 1840 che completa e rifà il gotico Duomo di Colonia come baluardo contro la cultura francese. Lo stesso Goethe (nelle due parti del Faust ) rileva questa caratteristica ambivalenza tra l'anelito all'equilibrio classico e l'ansia del mistero delle zone inesplorate e di respiro cosmico dell'essere.
I nazareni
E' in Germania che prende vita il movimento dei Nazareni sotto la guida di Overbeck e Pforr : trasferitisi a Roma nel 1809 si organizzarono nella confraternita religiosa di s. Luca negli ambienti del convento di S. Isidoro sul Pincio. Rifanno cioè lo stesso percorso di Winckelmann non per recuperare le antichità classiche bensì il repertorio del '400 italiano da collegare alla tradizione tedesce e a Durer ma con risultati artistici mediocri anche se storicamente interessanti. Una bella espressione di Schiller definisce i romantici esuli che anelano alla patria e proprio in questa appassionata ricerca di un passato da trasporre al presente e da vedere la caratteristica più autentica di un movimento come quello dei Nazareni.
Rivoluzione industriale e Preraffaelliti
L'Inghilterra è l'altro polo di maggior spicco del momento romantico. la rivoluzione industriale aveva già provocato nel Settecento il gusto del giardino all'inglese come antidoto polemico ai molti problemi sollevati dal mito del progresso tecnico . Si pensava di creare una natura che non apparisse opera d'arte ma che provocasse una suggestione romantica con le ondulazioni del terreno i laghetti e i ruscelli con le finte rovine con le macchie irregolari della vegetazione. Già A. Conzens aveva addirittura teorizzato la nuova pittura di paesaggio eseguita ad acquarello con macchie buttate giù sveltamente senza preoccuparsi di dare struttura armonica alla veduta : su questa strada si metteranno i paesaggisti inglesi dell'Ottocento.
Il ritorno al gotico assume in Inghilterra il carattere di una rivendicazione nazionalistica conseguente al successo di Napoleone e quindi uno stile neoclassico e Impero : un teorico come J:Tuskin e un architetto come W:Pugin si collegano al francese Viollet le Duc e allo stesso Goethe che nel 1772 aveva scritto il saggio sul Duomo di Strasburgo. Questo ritorno dell'Europa al gotico non esclude simpatie anche di carattere tecnico: Si ammira l'ardimento della struttura la scienza nell'equilibrare spinte e contro spinte il gusto decorativo e si prende coscienza che l'apporto dei nuovi materiali creati dall'industria potrà essere validamente sfruttato per rivaleggiare con l'incredibile audacia tecnica dei costruttori medioevali.
Per restare all'Inghilterra non può essere dimenticato il movimento parallelo sebbene più tardo di qualche decennio a quello tedesco dei Nazareni: nel 1848 si costituisce al Londra la scuola dei Preraffaelliti. Rispetto ai Nazareni tedeschi hanno accentuato in contrasto con i costumi dell'età vittoriana gli aspetti e i temi di carattere naturalistico qualche volta anche populista volutamente dimessi e quotidiani elaborati con tecnica artigianale tanto da influenzare i movimenti art nouveau della fine del secolo
Il Settecento ha creato lo stile roccocò lo stile neoclassico e lo stile impero. Quando si passa all'Ottocento non si parla più di stili ogni artista elabora in proprio la sua poetica e la sua tecnica in rapporto alla sua partecipazione al tempo presente. L'idea di stile implica sempre qualcosa di statico che può dar luogo anche a una moda a un manierismo ripetitivo: con la caduta dei modelli antichi con il prevalere del "sentire" romantico sorgono però le ansie e le contraddizioni le paure e gli errori.
Credere per esempio nella classicità significa comporre sentimento e ragione ricavarne una consolazione ottimistica; se la realtà al contrario è intesa come un processo che anziché comporsi cambia continuamente ecco che l'artista viene a trovarsi nella necessità di viverla non di meditarla.
Ingres e Delacroix
Il lungo contrasto ad esempio tra Ingres e Delacroix verte appunto su tale problema che risale addirittura al Seicento (disputa tra " poussinistes " e "rubenistes") Jean Auguste Ingres (1780- 1867) tenta l''impresa di un accordo tra Illuminismo e Romanticismo tra il disegno sapientissimo che dà ordine e misura alla forma e il colore altrettanto limpido che lascia trasparire le pulsazioni segrete della vita : non per niente ha trascorso circa venti anni in Italia studiando gli antichi e Raffaello. Nei suoi ritratti emerge soprattutto la dignità e la fierezza di una classe che crede ancora nella ragione e si presenta come modello di virtù e coscienza civile. Nella sua opera (che richiama tanto Poussin quando David) si assiste a una lotta corpo a corpo tra intelligenza ed emozione" che continuerà a sostenere con coraggio fino alla fine, superando la ventata di realismo e non lasciandosi lusingare dalle novità di Manet e degli impressionisti. Una vita esemplare all'insegna del passato messo a dura prova negli scontri continui con le novità del presente.
Classicità e Medioevo
Il passato per l'Ottocento non ha come interprete soltanto Ingres. Ci sono gli inglesi e i tedeschi : solo che per questi il passato non è più la classicità ma il Medioevo il gotico. E' questa l'altra fascia del Romanticismo l'universalismo classicista viene superato in nome dell'individualismo di un'epoca che gli illuministi si erano sforzati ad indicare come oscurantista. Un ritorno al Medioevo implica motivazioni di carattere religioso : è significativo che ciò si sia verificato proprio nell'area germanica che aveva dato sì con Winckelmann il teologo dell'antichità ma che ora non rinuncia a un'autonomia spirituale richiamandosi ai temi della propria tradizione nazionale. La Francia di Cartesio e dell'Illuminismo si trova di fronte alla Germania delle saghe popolari di Herder e di Holderlin che rivaluta le radici espressioniste che celebra Durer con le manifestazioni del 1840 che completa e rifà il gotico Duomo di Colonia come baluardo contro la cultura francese. Lo stesso Goethe (nelle due parti del Faust ) rileva questa caratteristica ambivalenza tra l'anelito all'equilibrio classico e l'ansia del mistero delle zone inesplorate e di respiro cosmico dell'essere.
I nazareni
E' in Germania che prende vita il movimento dei Nazareni sotto la guida di Overbeck e Pforr : trasferitisi a Roma nel 1809 si organizzarono nella confraternita religiosa di s. Luca negli ambienti del convento di S. Isidoro sul Pincio. Rifanno cioè lo stesso percorso di Winckelmann non per recuperare le antichità classiche bensì il repertorio del '400 italiano da collegare alla tradizione tedesce e a Durer ma con risultati artistici mediocri anche se storicamente interessanti. Una bella espressione di Schiller definisce i romantici esuli che anelano alla patria e proprio in questa appassionata ricerca di un passato da trasporre al presente e da vedere la caratteristica più autentica di un movimento come quello dei Nazareni.
Rivoluzione industriale e Preraffaelliti
L'Inghilterra è l'altro polo di maggior spicco del momento romantico. la rivoluzione industriale aveva già provocato nel Settecento il gusto del giardino all'inglese come antidoto polemico ai molti problemi sollevati dal mito del progresso tecnico . Si pensava di creare una natura che non apparisse opera d'arte ma che provocasse una suggestione romantica con le ondulazioni del terreno i laghetti e i ruscelli con le finte rovine con le macchie irregolari della vegetazione. Già A. Conzens aveva addirittura teorizzato la nuova pittura di paesaggio eseguita ad acquarello con macchie buttate giù sveltamente senza preoccuparsi di dare struttura armonica alla veduta : su questa strada si metteranno i paesaggisti inglesi dell'Ottocento.
Il ritorno al gotico assume in Inghilterra il carattere di una rivendicazione nazionalistica conseguente al successo di Napoleone e quindi uno stile neoclassico e Impero : un teorico come J:Tuskin e un architetto come W:Pugin si collegano al francese Viollet le Duc e allo stesso Goethe che nel 1772 aveva scritto il saggio sul Duomo di Strasburgo. Questo ritorno dell'Europa al gotico non esclude simpatie anche di carattere tecnico: Si ammira l'ardimento della struttura la scienza nell'equilibrare spinte e contro spinte il gusto decorativo e si prende coscienza che l'apporto dei nuovi materiali creati dall'industria potrà essere validamente sfruttato per rivaleggiare con l'incredibile audacia tecnica dei costruttori medioevali.
Per restare all'Inghilterra non può essere dimenticato il movimento parallelo sebbene più tardo di qualche decennio a quello tedesco dei Nazareni: nel 1848 si costituisce al Londra la scuola dei Preraffaelliti. Rispetto ai Nazareni tedeschi hanno accentuato in contrasto con i costumi dell'età vittoriana gli aspetti e i temi di carattere naturalistico qualche volta anche populista volutamente dimessi e quotidiani elaborati con tecnica artigianale tanto da influenzare i movimenti art nouveau della fine del secolo
giovedì 7 settembre 2017
La libertà guida il popolo - arte figurativa
Goya La libertà guida il popolo - arte e letteratura
Il titolo del famoso quadro di Eugène Delacroix (1798 - 1863) si ricollega alla rivoluzione francese del luglio 1830 che rovesciò la monarchia borbonica nata dalla Restaurazione dopo l'avventura napoleonica. Può servire utilmente per accostarsi ad uno dei temi di fondo del Romanticismo : la storia sentita come esperienza da vivere e non più con somma di precetti o di ammonimenti ricavati dal passato e da applicare strettamente al presente. Il distacco non improvviso ma dialettico del Settecento illuminista avviene in nome di questa libertà ritrovata dall'uomo in ordine all'agire e al sentimento. L'artista che già con David si presenta come uomo che assume di fronte alla storia le proprie responsabilità ora diventa protagonista di un evento un repubblicano che si batte sulle barricate con slancio e passione.
Se il Settecento ha creduto nella ragione il nuovo secolo si apre con impeto irrazionale; alla calcolata convinzione dottrinaria di David subentra il fervore pittorico di Delacroix si può dire che nell'arte figurativa la vera rivoluzione è rappresentata dal romanticismo.
GOYA
Accanto all'artista francese capo riconosciuto della nuova arte nono può essere dimenticato Francisco Goya (1746-1828) forse il più grande artista nel momento in cui si costituisce l'Europa moderna. Formatosi nella Spagna della monarchia, erede di Cervantes e del Greco, del neoclassico Mengs e di Tiepolo vive le drammatiche vicende della sua patria tra l'occupazione napoleonica e la restaurazione di Ferdinando VII soffre la sordità totale l'isolamento nella Quinta del sordo, la casa alla periferia di Madrid dove traccia sui muri gli sfoghi disperati della sua umana vicenda, l'esilio in terra di Francia a Bordeaux. Cosciente che la superstizione e l'ignoranza il potere e i destino tiranneggiano l'uomo che le assurdità e le repressioni politiche lo annientano Goya insorge e grida la disperazione dell'uomo il suo diritto alla libertà in nome degli oppressi di ogni tempo; forse il vero romantico è l'artista spagnolo che ci fa partecipi della notte di sangue alla Puerta del Sol. La storia di Goya diventa documento umano ferita scoperta e come tale è violenta immediata è stato d'animo che non lascia posto alla lentezza e alla struttura del pensiero. L'autentica scoperta del Romanticismo è appunto l'interpretazione della storia come farsi come succedersi repentino e ristretto nel tempo di causa ed effetto.
martedì 11 luglio 2017
Edgar Allan Poe
Edgar Allan Poe
Il mito Poe
Si è già accennato alla particolarità della posizione di Poe alla sua estraneità nel panorama della letteratura americana del periodo. Tentiamo ora di argomentare questo giudizio. C'è anzitutto una sua particolarità a livello biografico che contribuisce a spostare Poe dal contesto e dai modelli americani a quelli europei di fine Ottocento. Certo si tratta di un dato estrinseco ma tuttavia determinante per la nascita del mito Poe artista maledetto creato dai francesi del secondo Ottocento (Baudelaire, Verlaine ecc.) che in lui vedevano un'anima gemella. Edgar Allan Poe (1809-49) ebbe sin da bambino una vita travagliata rimase orfano ancora lattante. Adottato crebbe in contrasto perenne con l'ambiente fu espulso dall'università prima e dall'Accademia militare dopo. Pubblicò nel 1827 il suo primo volume di versi, tentò varie attività ma perennemente in preda a crisi depressive cercò conforto nell'alcool. Nel 1840 uscì la sua prima raccolta di Racconti successivamente ampliata. Dopo la morte della giovane moglie (1847) visse un periodo di particolare sbandamento e di pietose ricerche di affetto. Due anni dopo morì di delirium tremens nell'ospedale di Baltimora.
Una nuova poetica.
Ma ci sono più sostanziali aspetti che testimoniano la già accennata estraneità. Basta esaminare la sua concezione della poesia e i racconti.
In aperto contrasto con tutto l'orientamento romantico europeo che già quando egli scrive nei saggi fondamentali (la filosofia della composizione 1846; Il principio poetico 1850) aveva compiuto la sua parabola e in contrasto altrettanto aperto con la contemporanea poesia civile profetica di Whitman, Poe enuncia categoricamente un concetto della poesia che sorprende per la sua modernità una concezione che sarà nel complesso quella di Mallarmé e di Valery: Cioè l'assoluta estraneità della poesia a ogni intento didascalico e morale, la valorizzazione dei dati formali come unica meta del poeta come unico criterio di legittimazione della poesia in sé. Si spiegano così gli entusiasmi di Baudelaire ( alla cui traduzione di saggi e di racconti è dovuta la conoscenza e l'influenza di Poe nel secondo Ottocento europeo) e dei simbolisti che ne hanno fatto un loro precursore.
Siffatte posizioni implicavano anche un'attenzione estrema per la tecnica per i mezzi coi quali metter su una lirica Poe approdava cioè a un'intellettualizzazione del processo creativo, bandendo ogni principio di spontaneistica ispirazione.
Tutto questo non è difficile ritrovarlo nei racconti nei quali Poe si dimostra impareggiabile maestro proprio perché il senso di incubo di mistero e di brivido che riesce a creare risulta una sapiente fredda e calcolata accumulazione di dati. Certo in qualche caso Poe si abbandona alla sua fantasia allucinatoria ( e qui va tenuto conto delle sue alterazioni psichiche) ma generalmente (rispetto ad Hoffman) quello che prevale nel suo racconto ne costituisce la caratteristica differenziante è l'abilità il calibrato incastro di elementi (magari apparentemente secondari) che pagina dopo pagina si accumulano e si integrano e creano poi quel particolare clima quel particolare effetto. Rara lucidità d'intelletto spirito analitico rigoroso e al tempo stesso sottile precisione quasi matematica presiedono invero all'opera di Edgar Poe assai più che non facciano le sue qualità di intuizione o di fantasia. E' il primo mito che va sfatato.
Per concludere pur attingendo per certi temi a esempi romantici (il gusto del tenebroso, l'orrore che respinge e attrae) nel complesso l'opera di Poe è fuori dal Romanticismo ed è molto più vicina a forme di arte moderna nelle quali la consapevolezza critica il calibrato uso dei mezzi espressivi il dominio della materia fantastica ed emotiva sono determinanti.
Il mito Poe
Si è già accennato alla particolarità della posizione di Poe alla sua estraneità nel panorama della letteratura americana del periodo. Tentiamo ora di argomentare questo giudizio. C'è anzitutto una sua particolarità a livello biografico che contribuisce a spostare Poe dal contesto e dai modelli americani a quelli europei di fine Ottocento. Certo si tratta di un dato estrinseco ma tuttavia determinante per la nascita del mito Poe artista maledetto creato dai francesi del secondo Ottocento (Baudelaire, Verlaine ecc.) che in lui vedevano un'anima gemella. Edgar Allan Poe (1809-49) ebbe sin da bambino una vita travagliata rimase orfano ancora lattante. Adottato crebbe in contrasto perenne con l'ambiente fu espulso dall'università prima e dall'Accademia militare dopo. Pubblicò nel 1827 il suo primo volume di versi, tentò varie attività ma perennemente in preda a crisi depressive cercò conforto nell'alcool. Nel 1840 uscì la sua prima raccolta di Racconti successivamente ampliata. Dopo la morte della giovane moglie (1847) visse un periodo di particolare sbandamento e di pietose ricerche di affetto. Due anni dopo morì di delirium tremens nell'ospedale di Baltimora.
Una nuova poetica.
Ma ci sono più sostanziali aspetti che testimoniano la già accennata estraneità. Basta esaminare la sua concezione della poesia e i racconti.
In aperto contrasto con tutto l'orientamento romantico europeo che già quando egli scrive nei saggi fondamentali (la filosofia della composizione 1846; Il principio poetico 1850) aveva compiuto la sua parabola e in contrasto altrettanto aperto con la contemporanea poesia civile profetica di Whitman, Poe enuncia categoricamente un concetto della poesia che sorprende per la sua modernità una concezione che sarà nel complesso quella di Mallarmé e di Valery: Cioè l'assoluta estraneità della poesia a ogni intento didascalico e morale, la valorizzazione dei dati formali come unica meta del poeta come unico criterio di legittimazione della poesia in sé. Si spiegano così gli entusiasmi di Baudelaire ( alla cui traduzione di saggi e di racconti è dovuta la conoscenza e l'influenza di Poe nel secondo Ottocento europeo) e dei simbolisti che ne hanno fatto un loro precursore.
Siffatte posizioni implicavano anche un'attenzione estrema per la tecnica per i mezzi coi quali metter su una lirica Poe approdava cioè a un'intellettualizzazione del processo creativo, bandendo ogni principio di spontaneistica ispirazione.
Tutto questo non è difficile ritrovarlo nei racconti nei quali Poe si dimostra impareggiabile maestro proprio perché il senso di incubo di mistero e di brivido che riesce a creare risulta una sapiente fredda e calcolata accumulazione di dati. Certo in qualche caso Poe si abbandona alla sua fantasia allucinatoria ( e qui va tenuto conto delle sue alterazioni psichiche) ma generalmente (rispetto ad Hoffman) quello che prevale nel suo racconto ne costituisce la caratteristica differenziante è l'abilità il calibrato incastro di elementi (magari apparentemente secondari) che pagina dopo pagina si accumulano e si integrano e creano poi quel particolare clima quel particolare effetto. Rara lucidità d'intelletto spirito analitico rigoroso e al tempo stesso sottile precisione quasi matematica presiedono invero all'opera di Edgar Poe assai più che non facciano le sue qualità di intuizione o di fantasia. E' il primo mito che va sfatato.
Per concludere pur attingendo per certi temi a esempi romantici (il gusto del tenebroso, l'orrore che respinge e attrae) nel complesso l'opera di Poe è fuori dal Romanticismo ed è molto più vicina a forme di arte moderna nelle quali la consapevolezza critica il calibrato uso dei mezzi espressivi il dominio della materia fantastica ed emotiva sono determinanti.
venerdì 26 maggio 2017
Walt Whitman
Walt Whitman
Ad Hawthorne e a Melville non ci sembra azzardato accostare - sia pure con le precisazioni che tra poco faremo - Walt Whitman (1819-22). L'accostamento ci sembra legittimato non solo dalla contemporaneità della produzione ma anche dal fatto che con tutti e tre questi autori trovano espressione a un livello di dignità artistica, idealità atteggiamenti, motivi tipici e autoctoni della civiltà americana
LA MITIZZAZIONE DELL'AMERICA
Va però subito precisato che mentre Hawthorne e Melville danno espressione all'America puritana, al filone di rigorismo religioso che ne caratterizza la formazione, Whitman invece esprime per così dire l'America giovane, le sue idealità e la sua fisionomia di recente comunità nazionale, crogiolo di razze e destini, protesa, con l'entusiasmo e le ingenuità dei neofiti e degli ultimi arrivati, all'edificazione di un mondo nuovo. Whitman anzi - per quel rapporto osmotico che c'è tra situazione storica e creazione artistica - attinge entusiasmi e ideali dal momento storico in cui vive e contemporaneamente li porta a livello di consapevolezza e d'espressione, ne crea degli altri e d elabora un mito destinato ad avere, prima, larga eco e dopo, (destino dei miti) clamorose smentite : il mito dell'America immensa e libera, sconfinata nelle sue praterie e tumultuosa nelle metropoli, paese di boscaioli, di allevatori di pionieri, ma anche paese della liberà della democrazia, luogo deputato per la creazione di un nuovo Adamo.
Ma Whitman non fu solo cantore di questi temi civili o collettivi, fu poeta dell'io della panica comunicazione con la natura. Si realizzavano così in lui contemporaneamente due aspetti due ruoli del poeta romantico : il poeta-vate, cantore della sua terra, profeta di destini del suo popolo e poeta lirico.
Ma oltre che il mito dell'America Whitman che era stato tipografo, carpentiere, insegnante, giornalista ha creato anche un altro mito destinato ad avere anch'esso un largo seguito nel costume e non solo letterario americano : quello di un particolare tipo umano. Descrivendosi infatti ecco la tipizzazione che egli, non senza compiacimento, dava di sé "ecco finalmente un bardo americano uno di quegli uomini rudi , grandi, fieri , generosi, gran mangiatori, gran bevitori, grandi allevatori di mandrie, virili e liberi ne vestire, il volto bruciato dal sole e invaso dalla barba, diritti e solidi sulle gambe....."
LO STILE
E' tutto questo uno stile che rompe clamorosamente con la tradizione metrica americana : in strofe costituite da versi di irregolare lunghezza, in una sorta di prosa ritmata che tante volte per l'empito vitalistico di Whitman a dire tutto diventa magniloquente e pompieristica ma che nei suoi esiti migliori può far pensare alla Bibbia.
Ad Hawthorne e a Melville non ci sembra azzardato accostare - sia pure con le precisazioni che tra poco faremo - Walt Whitman (1819-22). L'accostamento ci sembra legittimato non solo dalla contemporaneità della produzione ma anche dal fatto che con tutti e tre questi autori trovano espressione a un livello di dignità artistica, idealità atteggiamenti, motivi tipici e autoctoni della civiltà americana
LA MITIZZAZIONE DELL'AMERICA
Va però subito precisato che mentre Hawthorne e Melville danno espressione all'America puritana, al filone di rigorismo religioso che ne caratterizza la formazione, Whitman invece esprime per così dire l'America giovane, le sue idealità e la sua fisionomia di recente comunità nazionale, crogiolo di razze e destini, protesa, con l'entusiasmo e le ingenuità dei neofiti e degli ultimi arrivati, all'edificazione di un mondo nuovo. Whitman anzi - per quel rapporto osmotico che c'è tra situazione storica e creazione artistica - attinge entusiasmi e ideali dal momento storico in cui vive e contemporaneamente li porta a livello di consapevolezza e d'espressione, ne crea degli altri e d elabora un mito destinato ad avere, prima, larga eco e dopo, (destino dei miti) clamorose smentite : il mito dell'America immensa e libera, sconfinata nelle sue praterie e tumultuosa nelle metropoli, paese di boscaioli, di allevatori di pionieri, ma anche paese della liberà della democrazia, luogo deputato per la creazione di un nuovo Adamo.
Ma Whitman non fu solo cantore di questi temi civili o collettivi, fu poeta dell'io della panica comunicazione con la natura. Si realizzavano così in lui contemporaneamente due aspetti due ruoli del poeta romantico : il poeta-vate, cantore della sua terra, profeta di destini del suo popolo e poeta lirico.
Ma oltre che il mito dell'America Whitman che era stato tipografo, carpentiere, insegnante, giornalista ha creato anche un altro mito destinato ad avere anch'esso un largo seguito nel costume e non solo letterario americano : quello di un particolare tipo umano. Descrivendosi infatti ecco la tipizzazione che egli, non senza compiacimento, dava di sé "ecco finalmente un bardo americano uno di quegli uomini rudi , grandi, fieri , generosi, gran mangiatori, gran bevitori, grandi allevatori di mandrie, virili e liberi ne vestire, il volto bruciato dal sole e invaso dalla barba, diritti e solidi sulle gambe....."
LO STILE
E' tutto questo uno stile che rompe clamorosamente con la tradizione metrica americana : in strofe costituite da versi di irregolare lunghezza, in una sorta di prosa ritmata che tante volte per l'empito vitalistico di Whitman a dire tutto diventa magniloquente e pompieristica ma che nei suoi esiti migliori può far pensare alla Bibbia.
giovedì 6 aprile 2017
Herman Melville
Herman Melville
A queste esperienze si ispirarono le sue prime opere che riscossero un largo successo che paradossalmente col Moby Dick (1851) cominciò a venir meno progressivamente verso i 35 anni - dopo aver scritto tra l'altro un'opera che è legittimo considerare immortale - Melville si ritrovò in una condizione quasi fallimentare con assillanti problemi economici per la sua vita familiare. Riuscì finalmente a impiegarsi nelle dogane e trascorse oscuramente il resto della sua vita. Morì nel 1891.
Della produzione iniziale basterà qui sottolineare sia l'efficacia descrittiva con la quale Melville rievocava - abbandonandosi alle impressioni e ai ricordi autobiografici - forme di vita ed ambienti esotici, sia l'importanza che queste opere hanno come suggestivo esempio di quella scoperta dei Mari del Sud nella quale poi si sarebbero segnalati - come la critica ha notato _ Stevenson e Kipling. E' piuttosto sull'opera fondamentale di Melville il Moby Dick che varrà la pena soffermarsi. Questa descrizione di una caccia alla balena sia pure una balena particolare, una balena bianca, Moby Dick appunto - alla quale il capitano Achab si dedica con tragica ostinazione fino a incontravi la morte assieme al suo equipaggio in che senso differisce da un normale romanzo d'avventure marinaresche ? Differisce perché Melville si serve strumentalmente di questa vicenda per esprimere in realtà un groviglio di problemi che egli urgentemente sente in prima persona, ma che sono anche tipici della cultura americana del limite del finito in cui la creatura umana è imprigionata e nel contempo l'ansia del superamento e d'infinito dalla quale è animata l'impari lotta tra l'uomo fragile e limitato e l'immensa possanza della natura.
E' ovvio che sottolineare l'una o l'altra di queste componenti porta a valutazioni e letture notevolmente diverse il poema di Melville infatti può diventare la moderna versione di un mistero medioevale ( nel quale si scontrano l'Uomo e il Male, con le maiuscole ) o la trasparente epopea della lotta dei pionieri per la conquista di un continente per il dominio della natura o ancora una splendida incarnazione dell'eroe romantico prigioniero dei limiti della realtà, ma al quale la componente puritana ( tipica della cultura americana e che proprio in quegli anni trovava espressione in Hawthorne) dà una dimensione e uno spessore ideologico ignori agli esemplari europei. C'è tutto questo nel poema e c'è - dal momento che una caratteristica dei capolavori è la loro ricchezza polisensa - dell'altro ancora : il Moby Dick può anche diventare l'emblema di un atteggiamento ideologico, di una oscura coscienza di autodistruzione) volta a vincere l'impossibile e il mistero. La vicenda di Achab diventerebbe così come ha scritto Matthiessen paradigma del fato del superuomo senza Dio. E Achab verrebbe rappresentato da Melville con un complesso atteggiamento d'attrazione e repulsione insieme che mentre ne sottolinea la sovrumana tensione eroica ne mette in luce la componente demoniaca gli inquietanti segni di predestinato che egli ha persino nel suo fisico.
Questo complesso di motivazioni e di significati e reso da Melville in uno stile nel quale atteggiamento realistico denso di minuziosi particolare e dimensione simbolica si compenetrano ben più che in Hawthrone. E' indiscutibile che dalle pagine del Moby Dick vengano fuori marinai veri reali una caccia vera con le giornaliere occupazioni dei marinai descritte con un lessico tecnicamente preciso. Ma ecco che Melville con una considerazione una similitudine o una sola parola ci fa intuire che dietro quella solidità realistica c'è dell'altro. ( Si pensi alle suggestive implicazioni che può assumere il particolare realistico della gamba che ad Achab è stata maciullata in uno scontro con la balena e che ora egli ha sostituito proprio con un osso di balena. O altra annotazione che introduce un oscuro presagio della tragica fine che passeggiando Achab sulla tolda della baleniera con quella gamba la fa rimbombare come una bara.
Il secondo è Bartleby la storia di un modesto scrivano che a chi gli ordina o consiglia di far qualcosa persino a chi vorrebbe indurlo a muoversi dalla sedia rispond
e stanco ma fermo : preferirei di no ". E l'approdo ultimo di Melville "L'uomo che per anni aveva corso il mari della terra e indagato tra le nebbie della saggezza in quel tranquillo umile quasi supplichevole rifiuto di scostarsi sia pure di un passo dalla regola quotidiana d'una vita dalla quale sia escluso ogni imprevisto.
vita
Fu lo stesso Melville a dire che la sua università era stata il mare. E sintetizzava felicemente così l'esperienza fondamentale che tanta parte avrebbe avuto nella sua produzione. A 17 anni ( era nato a New York nel 1819) si imbarcò come mozzo e per otto anni non fece che attraversare gli oceani vivere la vita dei marinai o dei balenieri con qualche soggiorno nelle isole della Polinesia e qualche avventurosa esperienza ( per qualche mese restò prigioniero dei cannibali Typee nelle isole Marchesi).A queste esperienze si ispirarono le sue prime opere che riscossero un largo successo che paradossalmente col Moby Dick (1851) cominciò a venir meno progressivamente verso i 35 anni - dopo aver scritto tra l'altro un'opera che è legittimo considerare immortale - Melville si ritrovò in una condizione quasi fallimentare con assillanti problemi economici per la sua vita familiare. Riuscì finalmente a impiegarsi nelle dogane e trascorse oscuramente il resto della sua vita. Morì nel 1891.
Temi del Moby Dick
Della produzione iniziale basterà qui sottolineare sia l'efficacia descrittiva con la quale Melville rievocava - abbandonandosi alle impressioni e ai ricordi autobiografici - forme di vita ed ambienti esotici, sia l'importanza che queste opere hanno come suggestivo esempio di quella scoperta dei Mari del Sud nella quale poi si sarebbero segnalati - come la critica ha notato _ Stevenson e Kipling. E' piuttosto sull'opera fondamentale di Melville il Moby Dick che varrà la pena soffermarsi. Questa descrizione di una caccia alla balena sia pure una balena particolare, una balena bianca, Moby Dick appunto - alla quale il capitano Achab si dedica con tragica ostinazione fino a incontravi la morte assieme al suo equipaggio in che senso differisce da un normale romanzo d'avventure marinaresche ? Differisce perché Melville si serve strumentalmente di questa vicenda per esprimere in realtà un groviglio di problemi che egli urgentemente sente in prima persona, ma che sono anche tipici della cultura americana del limite del finito in cui la creatura umana è imprigionata e nel contempo l'ansia del superamento e d'infinito dalla quale è animata l'impari lotta tra l'uomo fragile e limitato e l'immensa possanza della natura.
E' ovvio che sottolineare l'una o l'altra di queste componenti porta a valutazioni e letture notevolmente diverse il poema di Melville infatti può diventare la moderna versione di un mistero medioevale ( nel quale si scontrano l'Uomo e il Male, con le maiuscole ) o la trasparente epopea della lotta dei pionieri per la conquista di un continente per il dominio della natura o ancora una splendida incarnazione dell'eroe romantico prigioniero dei limiti della realtà, ma al quale la componente puritana ( tipica della cultura americana e che proprio in quegli anni trovava espressione in Hawthorne) dà una dimensione e uno spessore ideologico ignori agli esemplari europei. C'è tutto questo nel poema e c'è - dal momento che una caratteristica dei capolavori è la loro ricchezza polisensa - dell'altro ancora : il Moby Dick può anche diventare l'emblema di un atteggiamento ideologico, di una oscura coscienza di autodistruzione) volta a vincere l'impossibile e il mistero. La vicenda di Achab diventerebbe così come ha scritto Matthiessen paradigma del fato del superuomo senza Dio. E Achab verrebbe rappresentato da Melville con un complesso atteggiamento d'attrazione e repulsione insieme che mentre ne sottolinea la sovrumana tensione eroica ne mette in luce la componente demoniaca gli inquietanti segni di predestinato che egli ha persino nel suo fisico.
Realismo e simbolo
Questo complesso di motivazioni e di significati e reso da Melville in uno stile nel quale atteggiamento realistico denso di minuziosi particolare e dimensione simbolica si compenetrano ben più che in Hawthrone. E' indiscutibile che dalle pagine del Moby Dick vengano fuori marinai veri reali una caccia vera con le giornaliere occupazioni dei marinai descritte con un lessico tecnicamente preciso. Ma ecco che Melville con una considerazione una similitudine o una sola parola ci fa intuire che dietro quella solidità realistica c'è dell'altro. ( Si pensi alle suggestive implicazioni che può assumere il particolare realistico della gamba che ad Achab è stata maciullata in uno scontro con la balena e che ora egli ha sostituito proprio con un osso di balena. O altra annotazione che introduce un oscuro presagio della tragica fine che passeggiando Achab sulla tolda della baleniera con quella gamba la fa rimbombare come una bara.
due racconti esemplari
Non si può concludere senza un rapido accenno almeno a due racconti fondamentali nella produzione di Melville. Il primo è Billy Budd, la storia di un giovane marinaio che, accusato ingiustamente viene impiccato sulla nave dove è imbarcato ( che si chiama proprio "i diritti dell'uomo) è l'eterno scontro fra innocenza e ingiustizia, l'amara accettazione della sconfitta.Il secondo è Bartleby la storia di un modesto scrivano che a chi gli ordina o consiglia di far qualcosa persino a chi vorrebbe indurlo a muoversi dalla sedia rispond
e stanco ma fermo : preferirei di no ". E l'approdo ultimo di Melville "L'uomo che per anni aveva corso il mari della terra e indagato tra le nebbie della saggezza in quel tranquillo umile quasi supplichevole rifiuto di scostarsi sia pure di un passo dalla regola quotidiana d'una vita dalla quale sia escluso ogni imprevisto.
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