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martedì 11 luglio 2017

Edgar Allan Poe

Edgar Allan Poe

Il mito Poe

Si è già accennato  alla particolarità della posizione  di Poe alla sua estraneità  nel panorama della letteratura americana del periodo. Tentiamo ora di argomentare questo giudizio. C'è anzitutto  una sua particolarità a livello biografico  che contribuisce  a spostare Poe dal contesto e dai modelli  americani a quelli europei di fine Ottocento. Certo si tratta di  un dato estrinseco ma tuttavia determinante  per la nascita del mito Poe artista maledetto creato dai francesi del secondo Ottocento (Baudelaire, Verlaine ecc.) che in lui vedevano un'anima gemella. Edgar Allan Poe (1809-49) ebbe sin da bambino una vita travagliata rimase orfano ancora lattante. Adottato  crebbe in contrasto perenne con l'ambiente fu espulso dall'università  prima e dall'Accademia militare dopo. Pubblicò nel 1827 il suo primo volume di versi, tentò  varie attività ma perennemente  in preda a crisi depressive cercò conforto nell'alcool. Nel 1840  uscì  la sua prima raccolta di Racconti  successivamente ampliata. Dopo la morte della giovane moglie (1847) visse un periodo di particolare sbandamento e di pietose ricerche di affetto. Due anni dopo morì di delirium tremens nell'ospedale di Baltimora.

Una nuova poetica.

Ma ci sono più sostanziali aspetti che testimoniano  la già accennata estraneità. Basta esaminare la sua concezione della poesia e i racconti.
In aperto contrasto  con tutto l'orientamento romantico europeo che già  quando egli scrive nei saggi  fondamentali  (la filosofia della composizione 1846; Il principio poetico 1850) aveva compiuto la sua parabola e in contrasto altrettanto aperto con la contemporanea poesia civile profetica di Whitman, Poe  enuncia categoricamente un concetto della poesia che sorprende per la sua modernità  una concezione che sarà  nel complesso quella di Mallarmé  e di Valery: Cioè  l'assoluta estraneità della poesia a ogni intento didascalico e morale, la valorizzazione dei dati formali come unica meta del poeta come unico criterio di legittimazione  della poesia in sé. Si spiegano  così gli entusiasmi  di Baudelaire ( alla cui  traduzione di saggi e di racconti è dovuta la conoscenza e l'influenza di Poe nel secondo Ottocento europeo) e dei simbolisti  che ne hanno fatto un loro precursore.
Siffatte posizioni implicavano anche un'attenzione  estrema per la tecnica per i mezzi coi quali metter su una lirica Poe  approdava cioè a un'intellettualizzazione del processo creativo, bandendo ogni principio  di spontaneistica ispirazione.
Tutto questo non è difficile ritrovarlo nei  racconti nei quali Poe si dimostra impareggiabile maestro  proprio perché  il senso di incubo di mistero e di brivido che riesce a creare risulta una sapiente fredda e calcolata  accumulazione di dati. Certo in qualche caso Poe si abbandona alla sua fantasia allucinatoria ( e qui va tenuto conto delle sue alterazioni psichiche) ma generalmente  (rispetto ad Hoffman) quello che  prevale nel suo racconto ne costituisce la caratteristica differenziante è l'abilità il calibrato incastro di elementi  (magari apparentemente secondari) che pagina dopo pagina si accumulano e si  integrano e creano poi quel particolare clima quel particolare effetto. Rara lucidità d'intelletto  spirito analitico rigoroso  e al tempo stesso sottile precisione quasi matematica presiedono invero  all'opera di Edgar Poe assai più che non facciano le sue qualità di intuizione o di fantasia. E' il primo  mito che va sfatato.
Per concludere pur attingendo per certi temi a esempi romantici (il gusto del  tenebroso, l'orrore che respinge e attrae) nel complesso  l'opera di Poe è fuori  dal Romanticismo ed è molto più vicina a forme di arte moderna nelle quali la consapevolezza critica il calibrato uso dei mezzi espressivi il dominio della materia fantastica ed emotiva sono determinanti.

venerdì 26 maggio 2017

Walt Whitman

Walt Whitman

Ad Hawthorne e a Melville non ci sembra azzardato  accostare - sia pure con le precisazioni che tra poco faremo  - Walt Whitman (1819-22). L'accostamento ci sembra legittimato non solo dalla contemporaneità della produzione ma anche  dal fatto che con tutti e tre questi autori  trovano espressione a un livello di dignità artistica, idealità  atteggiamenti, motivi tipici  e autoctoni  della civiltà americana

LA MITIZZAZIONE DELL'AMERICA

Va però subito precisato che mentre Hawthorne  e Melville danno  espressione all'America puritana, al filone di rigorismo religioso che ne caratterizza la formazione, Whitman invece esprime per così dire  l'America giovane, le sue idealità e la sua fisionomia di recente comunità nazionale, crogiolo di  razze e destini, protesa, con l'entusiasmo e  le ingenuità dei neofiti e degli ultimi arrivati, all'edificazione di un mondo nuovo. Whitman anzi  - per quel rapporto osmotico che c'è tra situazione storica e creazione artistica - attinge entusiasmi  e ideali dal momento storico  in cui vive e contemporaneamente li porta  a livello di consapevolezza e d'espressione, ne crea  degli altri  e d elabora un mito destinato ad avere, prima, larga eco e  dopo, (destino dei miti)  clamorose smentite : il mito dell'America immensa  e libera, sconfinata nelle sue praterie  e tumultuosa nelle metropoli, paese di boscaioli, di allevatori di pionieri, ma anche  paese della liberà della democrazia, luogo deputato per la creazione di un nuovo Adamo.
Ma Whitman non fu solo cantore di questi temi civili o collettivi, fu poeta dell'io  della panica comunicazione con la natura. Si realizzavano così in lui contemporaneamente due aspetti due ruoli  del poeta romantico : il poeta-vate, cantore della sua terra, profeta di destini del suo popolo e poeta lirico.
Ma oltre che il mito dell'America  Whitman che era stato tipografo, carpentiere, insegnante, giornalista  ha creato anche un altro mito destinato ad avere anch'esso un  largo seguito  nel costume e non solo letterario  americano : quello di un particolare tipo umano. Descrivendosi infatti ecco la tipizzazione che egli, non senza compiacimento,  dava di sé "ecco finalmente un bardo americano  uno di quegli uomini rudi , grandi, fieri , generosi, gran mangiatori, gran bevitori, grandi allevatori di mandrie, virili e liberi  ne vestire, il volto bruciato dal sole e invaso dalla barba, diritti e solidi sulle gambe....."

LO STILE

E' tutto questo uno stile che rompe clamorosamente con la tradizione metrica americana : in strofe costituite da versi di irregolare lunghezza, in una sorta di prosa ritmata che tante volte per l'empito vitalistico di Whitman a dire tutto diventa magniloquente e pompieristica ma che nei suoi esiti migliori può far pensare alla Bibbia.

giovedì 6 aprile 2017

Herman Melville

Herman Melville 

vita

Fu lo stesso  Melville a dire che la sua università era stata il mare. E sintetizzava felicemente  così l'esperienza  fondamentale che tanta parte avrebbe avuto nella sua produzione. A 17 anni ( era nato a New  York nel 1819) si imbarcò come mozzo e per otto anni  non fece che attraversare gli oceani vivere la vita dei marinai o dei balenieri  con qualche soggiorno nelle isole della Polinesia e qualche avventurosa esperienza ( per qualche mese  restò prigioniero  dei cannibali Typee nelle isole Marchesi).
A queste esperienze si ispirarono le sue prime opere  che  riscossero un largo successo che paradossalmente col Moby Dick (1851)  cominciò a venir meno progressivamente verso i 35 anni - dopo aver scritto tra l'altro  un'opera che è legittimo  considerare immortale  - Melville si ritrovò  in una condizione quasi fallimentare  con assillanti problemi economici  per la sua vita familiare. Riuscì  finalmente a impiegarsi nelle dogane  e trascorse oscuramente il resto della sua vita. Morì nel 1891.

Temi del Moby Dick


Della produzione iniziale basterà qui sottolineare sia l'efficacia descrittiva  con la quale Melville rievocava - abbandonandosi alle impressioni  e ai ricordi autobiografici - forme di vita ed ambienti  esotici, sia  l'importanza che queste  opere hanno come  suggestivo  esempio di quella scoperta dei Mari del Sud nella quale poi si sarebbero  segnalati - come   la critica ha notato _ Stevenson e Kipling. E' piuttosto  sull'opera  fondamentale di Melville il Moby Dick che varrà la pena  soffermarsi. Questa descrizione  di una caccia alla balena sia pure  una balena particolare, una balena bianca, Moby Dick appunto - alla quale il capitano Achab si dedica con tragica ostinazione fino a incontravi la morte assieme al suo equipaggio  in che senso differisce  da un normale  romanzo d'avventure marinaresche ?  Differisce  perché Melville si serve strumentalmente di questa vicenda per esprimere in realtà  un groviglio di problemi  che egli urgentemente  sente in prima persona, ma che  sono anche tipici della cultura americana del limite del finito in cui  la creatura  umana è imprigionata e nel contempo  l'ansia del superamento  e d'infinito  dalla quale è animata l'impari lotta tra l'uomo  fragile e limitato e l'immensa possanza della natura.
E' ovvio che sottolineare l'una o l'altra di queste componenti porta a valutazioni e letture  notevolmente diverse  il poema di Melville  infatti può diventare la moderna versione di un mistero medioevale ( nel quale si scontrano l'Uomo e il Male, con le maiuscole ) o la trasparente  epopea della lotta dei pionieri  per la conquista di un continente per il dominio della natura o ancora una splendida incarnazione dell'eroe romantico prigioniero dei limiti della realtà, ma al quale  la componente puritana ( tipica della cultura americana  e che proprio  in quegli anni trovava espressione in Hawthorne) dà una dimensione  e uno spessore  ideologico  ignori agli esemplari  europei. C'è  tutto questo  nel poema  e c'è  - dal momento che una caratteristica dei capolavori  è la loro  ricchezza polisensa - dell'altro ancora  : il Moby Dick può  anche diventare  l'emblema di un atteggiamento  ideologico, di una oscura coscienza di autodistruzione) volta  a vincere l'impossibile e il mistero. La vicenda di Achab diventerebbe così come ha scritto Matthiessen paradigma  del fato del superuomo senza Dio. E Achab verrebbe rappresentato da Melville con un complesso atteggiamento  d'attrazione e repulsione  insieme che mentre ne sottolinea la sovrumana tensione  eroica ne mette in luce la componente  demoniaca gli inquietanti segni di predestinato  che egli ha persino  nel suo fisico.

Realismo e simbolo


Questo complesso di motivazioni e di significati  e reso da Melville in uno stile  nel quale atteggiamento  realistico  denso di minuziosi particolare e dimensione simbolica si compenetrano ben più  che in Hawthrone. E' indiscutibile che dalle  pagine del Moby Dick vengano fuori marinai veri reali una caccia vera con le giornaliere occupazioni dei marinai descritte con un lessico tecnicamente preciso. Ma ecco  che Melville con una considerazione una similitudine o una sola parola ci fa intuire che dietro  quella solidità  realistica c'è dell'altro. ( Si pensi  alle suggestive  implicazioni che può assumere  il particolare  realistico  della gamba che ad Achab è stata maciullata  in uno scontro  con la balena  e che ora egli ha  sostituito proprio con un osso di balena. O altra annotazione  che introduce un oscuro presagio della tragica fine che  passeggiando Achab sulla tolda della baleniera  con quella gamba la fa rimbombare come una bara.

due racconti esemplari

Non si può concludere senza un rapido accenno  almeno a due racconti fondamentali  nella produzione di Melville. Il primo  è Billy Budd, la storia di un giovane marinaio  che, accusato ingiustamente  viene impiccato sulla nave dove è imbarcato  ( che si chiama proprio "i diritti dell'uomo) è l'eterno  scontro fra innocenza e ingiustizia, l'amara accettazione della sconfitta.
Il secondo è Bartleby la storia  di un modesto scrivano che a chi gli ordina o consiglia  di far qualcosa  persino a chi vorrebbe indurlo  a muoversi dalla sedia rispond
e stanco ma fermo  : preferirei di no ". E l'approdo  ultimo di Melville "L'uomo che per anni aveva corso  il mari della terra e indagato tra le nebbie della saggezza in quel tranquillo  umile quasi supplichevole rifiuto  di scostarsi sia pure di un passo dalla regola quotidiana d'una vita dalla quale sia escluso  ogni imprevisto.

martedì 28 marzo 2017

Nathaniel Hawthorne

Nathaniel Hawthorne

Vita

Hawthorne nacque nel 1804 da una famiglia che discendeva dai primi coloni puritani della Nuova Inghilterra : tra i suoi antenati c'era stato un severo giudice che si era distinto ai tempi dei processi alle streghe. Rimasto  orfano di padre visse in una sorta di clausura domestica dominata dalla madre che lo iniziò alla conoscenza  e al culto delle tradizioni puritane. Tra i fatti notevoli della sua vita: un periodo  trascorso alla Brook Farm dei trascendentalisti la sua intensa amicizia con Melville la carica di console americano in Inghilterra dal 1853 al 1857 un soggiorno di due anni in Italia morì nel 1864.

Fra condanna e difesa

L'opera fondamentale  di Hawthorne è la lettera scarlatta  1850  e su di essa centreremo l'attenzione  non perché le altre  opere siano secondarie anzi I Racconti narrati due volte (1837) o La casa delle sette torri (1851) meriterebbero  più che un cenno) ma perché tendenze formali  e impostazioni ideologiche in esser presenti trovano, in questo romanzo, la loro più matura espressione: Con un certo schematismo  si potrebbe dire che il problema di fondo di Hawthrone  è la conflittuale posizione rispetto alla tradizione familiare e culturale nella  quale si era formato : tradizione puritana, dominata dall'ossessionante meditazione sul pecceto e sul male connaturato all'uomo " caduto". Si tratta di  quella severa e pessimistica visione del mondo che risale a Calvino  e che attraverso i puritani inglesi fuoriusciti dalla passata nella Nuova Inghilterra. Hawthrone viene a contatto con atteggiamenti  ideologici meno angosciosi : per Thoreau o Emerson  la natura  è la sola amica dell'uomo....

affannarsi sui problemi del peccato della predestinazione della dannazione è inutile : tali problemi  come Emerson scriveva nelle Spiritual Laws  non gettano la loro ombra sul cammino di chi non sia uscito dalla propria strada per  cercarli. Sono gli orecchioni e il morbillo dell'anima.
E tuttavia questi contatti non bastano a liberare Hawthrone dalla tradizione nella quale si è formato  ne deriva perciò  un atteggiamento  aggrovigliato, difficile da definire sul piano critico e concettuale. Nella storia dell'adultera  che la crudele severità morale della comunità puritana costringe ad andare in giro con l'iniziale della sula colpa (la lettera A) ben visibile sul suo vestito  d del suo compagno di colpa il giovane pastore Dimmesdale, Hawthrone oscilla fra condanna e difesa fra la legittimazione della naturale forza della passione e la tesi della necessità di espiazione come unica strada perché la creatura umana, nell'accettazione del proprio peccato  conquisti la propria identità.
Si aggiunga che per l'intensità con la quale viveva il problema religioso Hawthrones sentiva nei riguardi della sua attività di romanziere un vero e proprio complesso di colpa: basta ricordare le parole che nella prefazione della Lettera attribuisce ai suoi antenati. Chi è mormora l'ombra grigia di un mio antenato all'altra. Uno scrittore di racconti ! Quale occupazione è mai questa?  Qual modo di glorificare Dio  o di rendersi utile nel corso della propria esistenza all'umanità? E' mai possibile ? Tanto  valeva che lo sciagurato avesse fatto il suonatore ambulante !

Una dimensione romantica

Una disposizione così complessa da parte dell'autore nei riguardi della materia da narrare e d'altra parte una materia già di per sè  densa di temi altri e tragici la passione la colpa il rimorso , danno luogo a un'opera che si snoda col movimento implacabile di una tragedia raciniana centrata su  un'analisi psicologica su un sottile  gioco di corrispondenze simboliche fra i protagonisti  e la natura e la realtà circostante.
Se aspetto basilare del romanticismo  è la scoperta dell'interiorità conflittuale è logico considerare la lettera scarlatta come una delle prove più alte e mature di questa stagione letteraria